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Spider Veloce, l’origine della specie
Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Rémi Dargegen
4 Ottobre 2022Se a metà del secolo scorso l’Europa automobilistica ha prodotto alcune tra le spider più belle di tutti i tempi, molto lo deve all’importatore americano Max Hoffman, incaricato di rappresentare oltreoceano, tra gli altri, anche il marchio Alfa Romeo.
Consapevole dell’appeal delle leggere e veloci vetture sportive italiane nell’immaginario degli appassionati a stelle e strisce, nella prima metà degli anni cinquanta Hoffman fa pressioni perché la casa milanese metta in produzione una versione scoperta della nuova e brillante Giulietta in fase di sviluppo, commissionandone addirittura seicento esemplari a scatola chiusa. Scartata la prima, bellissima proposta realizzata da Franco Scaglione per Bertone, influenzata dai prototipi BAT e decisamente avveniristica ma probabilmente troppo impegnativa, il progetto viene aggiudicato a Pininfarina, che propone forme non particolarmente d’ avanguardia ma contraddistinte dalle proporzioni classiche e dall’estremo equilibrio. Una vettura senza guizzi particolari ma, semplicemente, con tutte le linee al posto giusto, e per questo destinata a passare alla storia come una delle spider più belle e iconiche di tutti i tempi. Il prototipo viene esposto al Salone di Parigi del 1955, ma sul mercato italiano arriva solo due anni dopo: il motivo è dovuto alla necessità di onorare prima di tutto la commessa di Hoffman per il mercato americano a cui l’intero progetto deve la sua genesi.
Quando nasce la Giulietta Spider, ancora non si pensa alla creazione di una variante più prestazionale. L’idea della versione “Veloce” nasce in seguito alla bruciante sconfitta subita dalle coupé Sprint da parte delle Porsche 356 1,6 Super alla Mille Miglia del 1955, dato che entrambe competono nella stessa categoria. La Porsche, che all’epoca sta consolidando le solide basi della sua carriera sportiva, infligge un brutto colpo all’Alfa Romeo, schierata in forze alla prestigiosa gara bresciana perché determinata ad aggiudicarsi la vittoria nella categoria Gran Turismo. In vista della partecipazione all’edizione 1956 quindi, la casa del Biscione pensa a una sonora riscossa sfruttando al massimo l’elevato potenziale meccanico e telaistico della piccola coupé: l’imperativo è battere le tedesche, e la nuova Giulietta alleggerita esegue magistralmente il compito, sbaragliando la concorrenza senza particolari difficoltà nonostante il gap di cilindrata.
Come ci riesce? La ricetta del successo si basa su una consistente revisione meccanica, che prevede alimentazione singola con due carburatori Weber 40 DCO3, pompa della benzina elettrica, scarichi da competizione in acciaio e una particolare coppa dell’olio leggera e scomponibile, che consente il pescaggio in qualsiasi condizione di assetto. Prendendo spunto da quanto già sperimentato sulla 1900 TI, si ripropone poi la presa d’aria dinamica anteriore per i carburatori, in grado di creare un parziale effetto di sovralimentazione, mentre l’impianto di scarico, sempre particolarmente curato affinché non vi siano disturbi fra i flussi dei gas di ogni cilindro, viene realizzato con un solo condotto nel quale convergono i due generati dalla confluenza rispettivamente del primo cilindro con il quarto e del secondo con il terzo: l’ordine di scoppio è infatti 1-3-4-2, e lo scopo è quindi di allontanare le fasi di scarico nei due condotti che vanno ad incrociarsi. Il risultato di questo importante lavoro di preparazione è una potenza erogata superiore di circa il 30% rispetto alla 1,3 di serie, e una differenza in termini di prestazioni su strada particolarmente evidente. Con un rapporto di compressione di 9:1, la potenza erogata tocca i 90 cavalli (contro i 65 della normale) e permette una punta velocistica di 180 km/h, (165 sulla normale), abbassando lo 0-100 km/h di quasi cinque secondi e collocando la Sprint Veloce ai vertici della sua categoria.
L’impatto sportivo e mediatico dell’affermazione alla Freccia Rossa è tale da convincere la dirigenza a confermare la produzione del modello, di cui inizialmente erano stati previsti i soli esemplari strettamente necessari all’omologazione nella categoria Gran Turismo. Non solo: l’esperienza maturata con la Sprint Veloce viene trasferita pari pari sul modello Spider, senza però modificarne l’estetica, che infatti non presenta nessuna variazione rispetto alla versione di serie se non nella scala degli strumenti, col contagiri tarato a 8000 e contachilometri con fondo scala a 220 km/h.
A livello produttivo, le versioni Veloce non assumono una numerazione specifica, dato che i telai vengono prelevati dalle linee di produzione delle comuni Spider; per distinguerle viene semplicemente impressa una lettera “F” in aggiunta al numero di telaio. La numerazione dei motori segue invece quella della Sprint Veloce, trattandosi dell’identico propulsore. Similari sono pure le prestazioni. Nulla viene invece fatto a livello di alleggerimento tanto che il peso, a causa dei due carburatori e delle maggiori dimensioni del filtro dell’aria e della coppa dell’olio, tirando le somme risulta di cinque chili superiore a quello della Spider, mentre la Sprint adottava accorgimenti come i finestrini in plexiglas e l’eliminazione delle coppe ruota cromate, soluzioni cancellate nell’allestimento Lusso.
La storia della vettura presentata in esclusiva da Agorauto inizia il 20 settembre 1956, giorno della sua produzione, con il numero 194. Si tratta di un’auto sperimentale, nata di colore Celeste AR501 e prelevata dal reparto esperienze (S.E.S., Servizio Esperienze Speciali) per uso interno. È infatti un prototipo destinato a testare e collaudare le soluzioni che porteranno poco dopo alla definizione della variante Veloce, e questo la rende di fatto una delle più anziane Spider Veloce mai realizzate e tuttora esistenti, come riportato dal certificato d’origine della Casa a corredo della vettura.
Questo esemplare resta nelle disponibilità dell’Alfa Romeo per circa un paio d’anni, durante i quali viene sfruttato per testare e sperimentare le particolari specifiche sia del motore che della trasmissione. Ci vuole il 30 giugno 1958 perché venga finalmente immatricolata, con targa rigorosamente Milano, intestata direttamente ad Alfa Romeo. Da questo momento i collaudi durano ancora un anno prima che la bella spider sia ceduta, il 24 Aprile 1959, al gentleman driver Antonio Ettore Fossati di Triuggio (MI), affezionato pilota di vetture del Biscione.
Fossati guida con soddisfazione la sua Veloce per una decina d’anni, prima di trasferirla, il 17 Maggio del 1969, a Rimini, con relativa nuova targa Forlì, dove la custodisce per altri 10 anni tondi: è il 16 Gennaio del 1979 quando la Veloce #194 passa ai nuovi proprietari, che l’acquistano senza conoscerne la storia particolare, e che la conservano fino ad oggi. Ci vogliono infatti gli anni novanta perché il nuovo intestatario, incuriosito dal conoscere la storia della sua macchina, si decida ad avviare una ricerca approfondita. Scopre così che durante i primi due anni la Casa Madre sostituisce il motore di primo equipaggiamento, probabilmente per test e collaudi, installando anche il nuovo cambio con sincronizzatori “tipo Porsche” che diventerà di serie a partire dalla metà del 1958. Per il resto, la macchina presenta alcune caratteristiche tipiche dei primi esemplari, quali i sedili lisci con bordo a contrasto, i pannelli porta montati con viti a vista e l’assenza dei deflettori. Non è invece chiaro quando l’auto sia passata dall’originale celeste all’attuale rosso, già presente al momento dell’acquisto, nel 1979, e tuttora mantenuto.
La storia di questo esemplare è invece oggi ben nota, e costituisce un importante valore aggiunto; si tratta di un’automobile ben conosciuta tra i cultori del marchio, apparsa in diverse monografie dedicate al marchio e al modello, iscritta al Registro Italiano Alfa Romeo e omologata ASI. Una vettura particolare, che farebbe la felicità di ogni collezionista, e che oggi è in vendita su Agorauto. La trovate QUI.
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