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Accettiamo permute con veicoli a due e quattro ruote.
Siamo alla fine degli anni ’60, il genere delle “maximoto” non era ancora nato ma in Italia qualcuno ci stava pensando. Le cilindrate più imponenti delle due ruote sportive si fermavano ai 750 cm³. Le giapponesi erano le regine e noi facevamo fatica a starle dietro. In Laverda questo non veniva digerito molto bene.
All’interno della fabbrica italiana iniziava ad aleggiare il pensiero di creare qualcosa di sconvolgente, nuovo e molto potente.. che potesse contrastare il dominio nipponico.
Fu così che al salone di Milano del 1969, Laverda, presentò il prototipo di quella che sarebbe poi stata la due ruote più potente degli anni ’70.
Rispetto alla concorrente più acerrima, la Honda Four 750, lei aveva una siluette più affusolata e pesava ben 5 chilogrammi in meno nonostante i suoi 250 cm³ in più di “cuore”.
Purtroppo o per fortuna noi italiani siamo pensatori, per noi un progetto ha sempre margini di miglioramento… questo però fece sì che per passare dal prototipo al modello definitivo passarono ben tre anni. Nel frattempo gli altri non restarono certo a guardare, la Kawasaki Z900 entra in produzione prima della Laverda e diventa per molti la capostipite delle maximoto. Nonostante questa piccola parentesi, l’italiana Laverda 1000, è la prima a raggiungere la cilindrata a quattro cifre.
Ha fatto tribolare tutti gli appassionati ma alla fine eccola qua, nel 1972 arrivano le prime consegne di quella che sarebbe stata la moto più costosa ed ammirata sul mercato in quel periodo storico.
Bellissima, potentissima ed Italiana è lei la regina delle strade di quel periodo.
Sono le storie dei motociclisti che hanno vissuto in prima persona il lancio di questa belva che raccontano del sound pazzesco che si avvertiva quando da dietro arrivava il 3 cilindri. Aveva un suono molto particolare, diverso dalle altre, che permetteva di riconoscerla anche a lunghe distanze.
Questa splendida due ruote ha subito svariati miglioramenti nel corso della sua vita. La seconda versione uscita nel 1974, a differenza della prima serie, è stata segnata dall’adozione dei freni anteriori a disco Brembo ed un piccolo radiatore dell’olio.
Nel 1976 è l’ora della terza serie che gode di alcuni sapienti ritocchi nella parte meccanica e ciclistica. Arrivano anche il freno a disco posteriore e il codino posteriore in vetroresina dotato di vano porta oggetti.
Nel 1977 arriva la versione “Jota” dove cambia il telaio nella zona di attacco degli ammortizzatori posteriori, il cupolino è solidale al telaio con le frecce incorporate e la frizione diventa idraulica.
Nel 1978 vennero presentare le 1200 chiamate rispettivamente T e TS, con indole più turistica e nate con l’idea di ampliare la gamma in commercio.
Ancora nel 1982, pochi anni prima della chiusura definitiva dello stabilimento, arriva anche la 1000 RGS, moto turistica ma che non scorda la tradizione sportiva del marchio.
Purtroppo nel 1986 la Laverda chiuse i battenti dell’azienda e dello stabilimento di Breganze, conosciuto in tutto il mondo per aver creato una tra le moto più belle di sempre.
La Laverda 1000 che propone Biga Garage è un esemplare del 1977, presenta tutti gli aggiornamenti stilistici del restyling avvenuto nel 1976. Al posteriore il freno a tamburo lascia spazio ad un più preciso e potente freno a disco marchiato Brembo, così come all’anteriore. I cerchi diventano in lega leggera a 5 razze montati precedentemente sulle versioni da pista, più leggeri ed affidabili dei precedenti. Viene aggiunto un codino posteriore in vetroresina dotato di vano portaoggetti. Questa, oltre ad avere il codone l’originale, ha montato quello della versione SFC che trovo stupendo. La carrozzeria, di un lucente rosso corsa, è come nuova. Anche la parte meccanica è stata rivista in ogni sua parte e se ne apprezza la qualità sentendola in marcia.
La qualità generale di questa Laverda 1000 è davvero sublime.
Non credo sia necessario aggiungere altro… adesso è il momento di spalancare il gas.
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