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Dal fondo di investimento al Redditometro: buone e cattive notizie per chi possiede una classica
Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Agorauto
8 Maggio 2023In barba a elettrificazione, divieti e blocchi del traffico, il mercato delle auto storiche continua a crescere: si stima che dai 30,9 miliardi di dollari del 2020 supererà i 43 miliardi di dollari nel 2024, lasciandosi alle spalle, e spesso doppiando, le performance di investimento di altri asset strategici del lusso, come ad esempio orologi e opere d’arte.
IL FONDO AZIMUT PER LE AUTO CLASSICHE
I tempi sono quindi più che maturi per il primo fondo di investimento evergreen, ovvero a durata illimitata, di auto storiche. A firmare il nuovo progetto è Azimut, che punta a valorizzare e preservare il contenuto storico e artistico di automobili classiche appartenenti alle case automobilistiche più prestigiose al mondo. Un’opportunità presentata la scorsa settimana a Bologna, nel salone del Podestà di Palazzo Re Enzo.
Il fondo è gestito da Azimut Investments S.A. con l’advisory di Alberto Schon, ceo di Rossocorsa, noto player del settore automobilistico. AHE (Automobile Heritage Enhancement), questo il nome del nuovo prodotto, è un fondo altamente innovativo con un piano di raccolta internazionale che rafforza l’offerta del Gruppo sui private markets, con una classe di investimento dedicata ai collezionisti, che consente di conferire singole auto o intere collezioni nel fondo consentendo, allo stesso tempo, l’accesso ad un’offerta di servizi di assistenza e consulenza costruiti su base personalizzata per la gestione delle collezioni.
La strategia di investimento del fondo si concentra sulle principali categorie di automobili da collezione, dalle classiche di lusso alle supercar prodotte in serie limitata con un valore medio superiore al milione di euro.
“Con il fondo AHE”, ha spiegato Giorgio Medda, CEO e Global Head of Asset Management & Fintech del gruppo Azimut, “continua il nostro impegno ad integrare asset reali nelle allocation di portafogli finanziari anche attraverso la creazione di un club di investimento dedicato alla nostra clientela private di fascia alta. Ci troviamo attualmente innanzi ad una evoluzione generazionale per gli asset manager che oggi possono incorporare il fattore tempo nei portafogli per la creazione di performance, oltre la relazione tradizionale tra rischio e rendimento. Il fondo consentirà di creare valore per auto sportive storiche che costituiscono un patrimonio artistico che non si deve disperdere, anche a beneficio delle generazioni future, che potranno nel tempo ammirare queste opere frutto di ingegno e talento. AHE è il primo fondo di investimento al mondo che permette al collezionista di auto storiche di conferire la vettura o l’intera collezione avendo in cambio una quota del fondo, un conferimento in natura a fronte di un rendimento certo e sostenibile nel tempo, preservando il valore storico e artistico di opere d’arte della meccanica e puntando anche a riportare a casa pezzi prestigiosi della nostra storia automobilistica. Grazie alle competenze, alle professionalità e alle relazioni espresse dal Gruppo Azimut e dall’Advisor ,il fondo AHE si posiziona come l’unico player con un processo di investimento strutturato (nelle diverse fasi di acquisto, restauro, conservazione e vendita), grazie alla licenza posseduta da Azimut Investments per la gestione finanziaria di auto di lusso da collezione. Questo lo rende ancor di più un prodotto unico in grado di superare le complessità di un mercato particolarmente tecnico e con elevate barriere all’entrata. Tutte le iniziative saranno organizzate incoraggiando l’uso di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale per migliorare la sostenibilità della catena di fornitura e favorendo la visibilità e conoscenza del patrimonio culturale italiano ed europeo dei siti Unesco, oltre a preservare e restaurare auto con caratteri di storicità e unicità incoraggiando l’occupazione dell’artigianato automobilistico specializzato. Attraverso la promozione di queste caratteristiche, AHE punta a contribuire al raggiungimento di 4 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite”.
L’obiettivo di raccolta del fondo è fissato a 100 milioni di euro nei primi sei mesi, mentre quello per il medio termine punta al miliardo di euro.
Roba da ricchi, insomma, mentre nubi fosche si addensano sui cieli dei piccoli collezionisti.
IL REDDITOMETRO PRENDE DI MIRA I PICCOLI COLLEZIONISTI
La notizia infatti fa il paio, in questi giorni, con quella secondo cui la Corte di Cassazione ha incluso la proprietà di un’auto d’epoca quale indice di capacità reddituale e contributiva ai fini del Redditometro.
Strumento discusso e contestato sin dalla sua introduzione, il Redditometro è una forma di accertamento sintetico che scatta nel momento in cui le spese sostenute dal contribuente non sono compatibili con il reddito dichiarato; indice di capacità reddituale e contributiva sono la proprietà di beni considerati non essenziali o di lusso, come alcune categorie di immobili e di autovetture d’epoca. E fin qui niente di nuovo.
La novità è che il Redditometro considera prova di maggiore capacità reddituale e contributiva anche la proprietà di auto storiche prive di particolare valore commerciale o intrinseco. Non solo: l’incompatibilità con la capacità reddituale del contribuente non viene contestata solo in virtù dell’acquisto del mezzo, ma anche del solo possesso di un’auto storica priva di particolare valore. Valgono come prova la necessità di sostenere le spese correnti, ipotetiche e presuntive, che normalmente vengono sostenute per il mantenimento di un’auto storica, anche se che non è detto che siano state effettivamente sostenute.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, il solo possesso di un veicolo storico costituisce un “idoneo indice di capacità contributiva, in quanto notoriamente collegata a spese a volte anche ingenti”;
l’accertamento sintetico basato su tale bene è legittimo, ed è “a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onore di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore”.
In sintesi, il solo possesso di un’auto storica, anche di non particolare valore, è sufficiente per presumere spese per il suo mantenimento; se queste, anche solo in via ipotetica, non sono coerenti con il reddito dichiarato, il contribuente dovrà dare prova di averle sostenute con redditi esenti non imponibili, in quanto già assoggetti ad imposta.
Insomma, mentre aumentano le opportunità per i grandi collezionisti, l’automobilista comune, anche se ha una vecchia classica a marcire in cortile, magari recuperata in abbandono o ereditata, può essere considerato un potenziale evasore.
Di sicuro è, e resta, un pollo da spennare.
Tags: auto d'epoca, Auto storiche