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Paradiso Perduto: la Mercedes S 500 Coupé
Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Michele Di Mauro
12 Gennaio 2023C’è chi la adora, e chi preferisce la generazione precedente, benedetta da una delle forme automobilisticamente parlando più belle, eleganti e proporzionate mai concepite. Per la nuova serie della grossa coupé tedesca, identificata dalla sigla di progetto C140, la matita è ancora quella di Bruno Sacco, ma effettivamente il risultato è parecchio diverso. Ne racconteremo la genesi e lo sviluppo, ma prima vogliamo soffermarci su quanto la serie SEC degli anni novanta, ben rappresentata dall’esemplare fotografato da Agorauto e attualmente in vendita sul marketplace del portale, sia l’ultima rappresentante di un modo di costruire le auto che non esiste più.
La Mercedes serie W140, con la derivata coupé C140, è l’ultimo acuto di una filosofia costruttiva figlia dell’ambizione, dell’abbondanza e degli eccessi degli anni ottanta. Un progetto avviato nel 1982 per essere lanciato teoricamente nel 1989, poi posticipato al 1991 per inseguire una lotta all’eccellenza ingaggiata con BMW (con la Serie 7 E32 del 1987) e Lexus (con la prima LS400 del 1989), mentre Audi si preparava a sferrare l’attacco con la prima A8, in alluminio. Un acceso scontro a suon di elettronica, gadget e motori che all’epoca rese la serie 140 una delle vetture dalla progettazione più costosa mai realizzata (si parla di oltre un miliardo di marchi), tanto dispendiosa da costare la poltrona al capo-progetto Wolfgang Peter.
Al Salone di Ginevra del 1991 il compito della nuova superammiraglia è chiaro: sostituire la vecchia e amata classe S serie W126, certo, ma soprattutto ristabilire i ruoli. Le ammiraglie di lusso devono avere la stella a tre punte sul cofano. Punto. E infatti, rispetto alla W126, la nuova classe S è “più” in tutto: più grossa, pesante, lussuosa, costosa, tecnologica, ma anche più goffa, pacchiana, sfacciata e complicata. Un autentico panzer, risultato di una cura ingrassante che viene mal digerita pure dallo stesso Bruno Sacco, il designer friulano a capo dello stile Mercedes e autore di tutte le vetture più belle uscite da Stoccarda tra gli anni settanta e i novanta.
Eppure, nonostante le critiche e un prezzo maggiorato di oltre il 25% rispetto alla serie precedente, la W140 diventa la classe S più venduta di sempre, con oltre 430.000 esemplari. Enorme sia fuori (5,11 metri nella versione corta) che dentro, conserva l’impostazione classica a motore anteriore longitudinale e trazione posteriore, con sospensioni a quadrilatero alto all’avantreno e multilink a 5 leve al retrotreno, impianto frenante a doppio circuito idraulico e dischi autoventilanti anche al posterore (tranne sulle 6 cilindri). Al debutto le motorizzazioni disponibili sono un 3,2 litri 24 valvole da 231 cavalli, un V8 da 4,2 litri 32 valvole e 286 cavalli, e un V8 da 5 litri, 32 valvole e 326 cavalli, tutti Euro 1. Nel 1992 arriva la top di gamma 600 SEL con motore V12 da 6 litri, 48 valvole e 408 cavalli, assieme alla prima versione diesel. I prezzi spaziano dai 92 ai 220 milioni di lire per un’auto principesca, ricordata ancora oggi in versione landaulet con a bordo Papa Giovanni Paolo II ma anche, distrutta, sotto il ponte dell’Alma a Parigi nell’incidente in cui persero la vita Lady Diana Spencer ed il suo compagno Dodi Al-Fayed nel 1997.
La nuova variante coupé della classe S, codice C140, incontra per la prima volta il pubblico al Salone di Detroit del 1992 e, inizialmente, riprende la sigla SEC già utilizzata per la C126. Più che una vera coupé appare come una versione due porte della berlina, rispetto alla quale sfoggia però frontale e coda ridisegnati e gruppi ottici specifici, più grandi ed arrotondati. Nella vista laterale, oltre al diverso taglio del padiglione, spicca l’assenza del montante centrale, come da tradizione delle sportive con la stella; il passo scende da 3.065 a 2.945 mm, ma l’abitabilità e le dimensioni generali non ne risentono particolarmente: siamo quasi ai livelli della berlina anche a livello di comfort, con alcune sfarzose chicche degne di menzione, dai cristalli doppi (nella SEC ancora più spessi, al punto da sembrare blindati) alle chiusure assistite elettronicamente di portiere e baule, alle antennine che fuoriescono dai parafanghi posteriori per rendere più facilmente percepibili gli ingombri durante le manovre in retromarcia. Una soluzione analogica in un periodo in cui i sensori a ultrasuoni stanno facendo le loro prime timide apparizioni, e su queste automobili arriveranno solo nel 1995.
Rispetto alla quattro porte, la nuova serie SEC guadagna un punto ulteriore sul già ottimo coefficiente di penetrazione aerodinamica (da 0,30 a 0,29) ma perde qualcosina nella comunque enorme capacità del vano bagagli (da 525 a 505 dm³); l’equipaggiamento di serie prevede, per tutte le versioni, airbag lato guida, passeggero e laterali, clima automatico, ABS, retrovisori elettrici (anche dentro) con gli esterni termici e abbattibili, sedili regolabili e abbattibili elettricamente con memorie, riscaldabili e con supporto lombare, poggiatesta posteriori abbattibili elettricamente, servosterzo adattivo in funzione della velocità, cambio automatico a controllo elettronico, tempomat (cruise control), antifurto, interni in pelle, inserti in radica, tetto apribile elettrico, cerchi in lega lucidati, vetri elettrici anteriori e posteriori con chiusura e apertura automatica, chiusura centralizzata, porgi-cintura di sicurezza automatico, fendinebbia, braccioli sollevabili, vetri stratificati atermici, insonorizzati e riflettenti, volante regolabile elettricamente, tendina parasole posteriore elettrica, una delle prime chiavi antifurto elettroniche con trasponder e chiusura a distanza con telecomando. A richieste ci sono invece sospensioni attive, computer di bordo, ESP, telefono, clima automatico bizona, lettore CD con caricatore da 6, navigatore satellitare, specchio interno fotocromatico, clima trizona, sospensioni posteriori autolivellanti e interni con inserti in… marmo!
Insomma, più che una macchina sportiva, un’autentica ammiraglia a due porte, sfacciatamente lussuosa, che va ad inserirsi nel segmento di mercato di BMW Serie 8 e Jaguar XJ-S, rispetto alle quali propone un modello di viaggio e di utilizzo piuttosto diverso. Su strada infatti la C140 privilegia decisamente più il comfort di bordo che non la reattività o le prestazioni assolute, nonostante la cavalleria non manchi di certo. La seconda generazione della serie SEC debutta infatti con due sole motorizzazioni a benzina, il V8 da 5 litri da 320 cavalli e il poderoso V12 6 litri da 394 cavalli che, opportunamente elaborato, finirà più avanti nientemeno che sotto il cofano della Pagani Zonda. La gamma viene ridefinita nel giugno 1993, quando la denominazione è aggiornata assieme a quella di tutta la gamma Mercedes, e la 500 SEC diventa S 500 Coupé. Cambierà ancora nel giugno 1996, quando diventerà CL 500, creando forse l’unico caso al mondo di vettura che abbia avuto tre diverse denominazioni per lo stesso modello. Nel mentre, a febbraio del 1994, assieme ad un primo leggero restyling, viene lanciata una nuova versione d’accesso, la S 420 Coupé con motore da 4,2 litri.
L’esemplare fotografato in esclusiva per Agorauto è attualmente in vendita nel marketplace del portale. Ben conservato ed in perfetta efficienza permette, al costo di un’utilitaria nuova, di mettersi in garage una delle automobili più incredibili e lussuose della sua epoca. La linea, che al lancio divise il pubblico, come spesso succede è diventata col passare degli anni sempre più interessante. Oggi se ne apprezzano le proporzioni, nonostante le misure extralarge, e l’eleganza sobria e minimalista, che molti rimpiangono. Su strada il comfort è totale, e sedersi al volante trasmette immediatamente l’indole da grande viaggiatrice di questo modello. Il motore è un possente V8 da 4973 centrimetri cubici, 320 cavalli a 5600 giri e 470 Nm di coppia a 3900 giri, in grado di spingere le oltre due tonnellate di peso a 250 km all’ora autolimitati, scattando da zero a cento in 6,7 secondi, attraverso una trasmissione automatica a quattro rapporti. La 500 è la C140 più equilibrata e per questo la versione di maggior successo, con poco meno di 15 mila unità prodotte. Più brillante della successiva 420, permette di tenersi al riparo dalla complessità e dai costi proibitivi della più esclusiva 600 V12, anche se, dobbiamo ammetterlo, l’econometro mette sufficientemente spavento anche con questa motorizzazione, con percorrenze difficilmente superiori agli 8 km al litro anche viaggiando col piede di velluto. Ma è forse l’unico vero prezzo da pagare per viaggiare come un grande capitano d’azienda degli anni novanta, in un lusso degno di un monarca o un capo di stato. L’esemplare del nostro servizio è stato immatricolato ad aprile 1994 ed è quindi un S 500 Coupé; se leggendo queste righe ve ne siete innamorati, lo trovate in vendita QUI.
La C140 resta in produzione fino al 1999, totalizzando 26.022 esemplari. Tanti per un modello così esclusivo ma sufficientemente pochi per renderlo interessante dal punto di vista collezionistico. Una serie di vetture che nasce con l’obbiettivo dichiarato di confermarsi regina incontrastata del segmento e portabandiera dell’eccellenza tecnologica e ingegneristica della casa tedesca; un esempio di opulenza basato su precisione realizzativa, affidabilità e robustezza da contrapporre a quello di scuola britannica, caratterizzato dal fine artigianato e dallo sfoggio di legni e pellami pregiati. Ancora oggi sorprende la ricchezza di certe scelte: l’elettroassistenza delle portiere, per citarne una, sfrutta la bellezza di 16 motorini per lato, la cui unica utilità è… chiudere gli sportelli senza sbattere.
Uno sfarzo e un’austerità che spariranno per sempre: la classe S successiva farà segnare un più economicamente sostenibile passo indietro, necessario per adattarsi alle inevitabili economie di scala richieste per avviarsi verso il mercato del terzo millennio. Quello del gruppo Daimler – Chrysler, un’associazione con un marchio generalista impensabile solo pochi anni prima sul cui esito ci ha già risposto la storia.
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