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Siata Amica, scoperta di lusso in formato bomboniera
Autore: Michele Di Mauro · Credits Ph: Michele Di Mauro
21 Settembre 2021Fondata a Torino nel 1926 la Siata, acronimo di Società Italiana Applicazioni Tecniche Auto-Aviatorie, negli anni tra le due guerre si dedica alla produzione di parti e ricambi per l’elaborazione di automobili, quasi esclusivamente a marchio Fiat. Gli affari partono bene e nel giro di poco l’azienda è già in grado di produrre vetture a marchio proprio, basandosi sempre su telai e meccaniche del colosso torinese.
La prima serie della Siata Amica nasce nella seconda metà degli anni trenta, come versione fuoriserie della neonata Fiat 500 A. Una vettura fuori dagli schemi, e per questo rara all’epoca e rarissima oggi.
Il perché è presto detto: carrozzata da Bertone, la Amica è una sorta di concentrato di quanto di meglio l’azienda avesse da offrire su base “Topolino”. Il risultato è una vetturetta, ricarrozzata e riallestita completamente, lussuosa ai limiti dello sfarzo. Un prodotto piuttosto anomalo perché, in tempi in cui in Italia pochissimi possono permettersi un’automobile, chi ha il budget necessario per acquistare un’Amica probabilmente indirizza i suoi denari verso qualcosa di più spazioso e funzionale. La Amica si rivolge invece a un pubblico di nicchia, quella dei facoltosi che possono permettersi più di un’automobile, che hanno già in rimessa almeno una vettura di rappresentanza buona per tutta la famiglia e che, quindi, possono divagare acquistando un’ulteriore vetturetta, più piccola e leziosa ma comunque di prestigio.
Per le forme della Amica, Bertone riprende in piccolo quelle della sua più grande e filante Fiat 1500 cabriolet, con la calandra “spartivento”, il parabrezza abbattibile, i parafanghi morbidi e allungati, la coda affilata. Nonostante le dimensioni davvero “mignon”, la piccola Amica riesce a mantenere un ottimo equilibrio di forme e proporzioni, dando l’illusione, se vista da certe angolature, di una vettura di segmento superiore.
L’allestimento, invece, è davvero di segmento superiore. Materiali e finiture sono ai massimi livelli per l’epoca, e lo stato di conservazione dell’esemplare fotografato per Agorauto lo testimonia, a distanza di quasi novant’anni. Impressiona la qualità e il pregio di alcuni dettagli della carrozzeria come le coppe ruota integrali, il meccanismo per abbattere il parabrezza, le luci aggiuntive anteriori, i fregi laterali, i ricchi paraurti a tre lame modellati seguendo le curve della carrozzeria.
Ma ancora di più sorprende l’interno, con finiture degne davvero di vetture di ben altro lignaggio: le finiture in pelle verde scuro delle poltrone e dei pannelli porta con tasche, la strumentazione, raffinata nella grafica e completissima, il cassetto porta guanti con sportello, la radio perfettamente coordinata a strumenti e pomelleria.
Il massimo lo si raggiunge con la capote, oggi danneggiata nei punti più delicati ma ancora totalmente originale. Realizzata in tre spessi strati e rivestita internamente in panno di lana verde come la pelle e la moquette della selleria, sfoggia già un moderno movimento a mantice, un piccolo lunotto in vetro di sicurezza e integra addirittura una piccola plafoniera.
Il lavoro di Siata non si limita però al solo allestimento, anzi. Il meglio lo troviamo sotto il cofano, dove il motore Fiat da mezzo litro è elaborato con una testa Siata a valvole in testa (in origine sono laterali) e un carburatore Weber da 26 in luogo di quello da 22 di serie. Il risultato è una potenza massima che passa dai 13 cavalli della versione standard a circa 20. Sono solo 7 cavalli in più, ma in termini assoluti è un aumento di potenza di oltre il 50%.
Dal momento dell’acquisto la vettura in foto, allestita nel 1939 su telaio del 1938, viene usata pochissimo: dopo pochi mesi inizia la guerra e, per timore delle requisizioni, i proprietari la murano in un edificio nei pressi della Capitale.
Alla soglia degli anni cinquanta la piccola Siata viene riscoperta e messa in circolazione, nelle condizioni originali in cui versa ancora oggi; l’unica concessione nel corso degli anni è una rinfrescata esterna alla verniciatura e alle cromature dei paraurti. L’uso saltuario permette di preservarla, ma non è sufficiente perché passi inosservata agli occhi del Cavalier Bruno Tondi, ristoratore e imprenditore di Velletri.
Il quale, da grande appassionato qual è, ne intuisce il valore e riesce, dopo un corteggiamento durato anni, ad accaparrarsela e a mantenerne l’eccezionale stato di conservazione, che la rende un utile e importante esemplare di riferimento per il restauro di modelli analoghi. La percorrenza indicata dallo strumento, pari a poco meno di 43500km, appare perfettamente credibile.
Ma cosa succede alla Siata dopo la seconda guerra mondiale? Nel 1949 si riparte proprio con l’Amica, proposta ancora come piccola cabriolet a due posti su meccanica Fiat 500 “Topolino”, ma con una nuova carrozzeria più moderna, coi parafanghi integrati. L’anno seguente è il turno della sorella maggiore Daina, proposta sia in versione cabriolet che coupé e meccanica derivata dalla Fiat 1400.
Nel 1952 arriva la prestigiosa 208 Sport, con carrozzeria disegnata da Giovanni Michelotti e meccanica della Fiat 8V, modello a cui la stessa Siata aveva collaborato. Ma il grosso della produzione continua a vertere sulle piccole cilindrate: seguono quindi la bellissima 300 BC, che ottiene un buon successo anche oltreoceano e, nel 1959, la Siata-Abarth la 750, disponibile sia in versione coupé che spider. Negli anni sessanta l’azienda perde slancio; nascono le coupé TS, derivate dalla Fiat 1300-1500, e la Spring, spider dalle linee retrò con meccanica Fiat 850, canto del cigno del piccolo ma raffinato marchio torinese.
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