La storia di Triumph nel motociclismo
La Triumph Motorcycles è una casa motociclistica inglese le cui origini risalgono al 1884, quando il tedesco Siegfried Bettman avvia una rivendita di biciclette a Coventry.
Nel 1902, con la comparsa dei primi motori a costi ragionevoli, Bettman affianca alla produzione di biciclette quella delle motociclette.
Nel 1920 l’azienda acquisisce un impianto di produzione di automobili poco distante, diversificando così la produzione. Fino al 1936 auto vengono vendute con il marchio Triumph Motor Company, motociclette e biciclette portano il marchio Triumph Cycle Co.; successivamente Jack Sangster della Ariel Motorcycles Ltd rileva la divisione motociclistica della ditta creando la Triumph Engineering Co. Ltd. e ne prosegue l’attività fino alla Seconda guerra mondiale.
Durante i bombardamenti lo stabilimento viene pesantemente danneggiato, per cui dopo la guerra la produzione si sposta in una nuova fabbrica a Meriden, nel West Midlands.
Nel 1951 la Triumph viene quindi ceduta alla rivale B.S.A., che rilancia il modello Speed Twin 500 prodotto già nel 1937, il quale ottiene un buon successo soprattutto oltreoceano grazie anche al film Il selvaggio, del 1953, in cui Marlon Brando guida proprio una Triumph, una 6T Thunderbird del 1950. L’amore con il cinema prosegue, dando buoni frutti: nel 1963 Steve McQueen compie acrobazie su una Triumph Trophy ne La grande fuga, e poi ancora Richard Gere guiderà una Bonneville 750, autentica icona della produzione Triumph, in Ufficiale e Gentiluomo del 1982.
Ma non sono tutte rose e fiori: all’inizio degli anni Settanta diversi costruttori europei sottovalutano la minaccia giapponese, inizialmente relegata alle fasce basse del mercato.
Quando cominciano a comparire le prime moto nipponiche a 4 cilindri di grossa cubatura, gli inglesi tentano di correre ai ripari con un nuovo motore a tre cilindri di 750 cc, in due versioni leggermente diverse, destinati ad equipaggiare la Triumph Trident e la BSA Rocket 3. Questo, insieme a un telaio più leggero, un baricentro più basso, una maneggevolezza e una tenuta di strada superiore e alcuni tocchi classici come l’avviamento a pedivella, non bastano a contrastare l’avanzata del sol levante, vincente soprattutto sul fronte dell’affidabilità.
Nel 1972 il gruppo BSA viene sommerso dai debiti e obbligato dal governo inglese a fondersi con la Norton-Villiers nel nuovo gruppo Norton-Villiers-Triumph, o più brevemente NVT. Il passaggio non è esattamente indolore, con scioperi e proteste da parte delle maestranze al termine dei quali la Triumph torna indipendente sotto forma di cooperativa, destinata a fallire nel 1983.
Cinque anni dopo la produzione riparte grazie all’intervento del miliardario John Bloor che fonda la Triumph Motorcycles Ltd. Viene sviluppata una nuova gamma di motori modulari a tre cilindri da 750 e 900 cc e a quattro cilindri da 1.000 e 1.200 cc, poi abbandonati, che riporta in auge il marchio britannico.
Oggi la Triumph Rocket III è la moto di serie con il motore di maggiore cilindrata: un tre cilindri da ben 2.500 cc capace di erogare 167 cv con una coppia di 221 Nm.